L'industria svizzera non è sufficientemente pronta alla crisi
Un nuovo studio di Dun & Bradstreet rivela grandi lacune nella resilienza dell'industria svizzera. Ciò significa che non è sufficientemente preparata ad affrontare le crisi.

In un confronto internazionale, le aziende industriali svizzere sono particolarmente attente alla trasparenza e alla tracciabilità delle loro catene di fornitura, ma sono molto indietro quando si tratta di resilienza. Lo rivela un nuovo studio di Dun & Bradstreet. Mentre il 21% delle aziende dichiara di voler migliorare la visibilità della propria catena di fornitura come priorità, solo il 14% dà la precedenza alle misure per rafforzare la resilienza.
Focus sulla trasparenza, ma senza approfondimenti
Secondo lo studio, i produttori svizzeri continuano a considerare i cambiamenti normativi, come i dazi doganali e le sanzioni, come uno dei rischi maggiori (25%). Tuttavia, solo il 3% delle aziende monitora l'intera catena di fornitura in più fasi. Allo stesso tempo, la Svizzera sta perseguendo la strategia di nearshoring più ambiziosa della regione: il 78% delle aziende industriali intervistate prevede di delocalizzare la maggior parte o la totalità della propria supply chain in prossimità del mercato nazionale.
«Le aziende industriali svizzere vogliono capire con chi lavorano nelle loro catene di fornitura, ma spesso non hanno una visione d'insieme di quanto siano effettivamente affidabili e conformi le loro strutture di fornitori», spiega Björn Gerster, Head of Manufacturing di Dun & Bradstreet. «La trasparenza è il primo passo, ma senza dati affidabili su dipendenze, rischi e scenari, rimane uno sguardo nello specchietto retrovisore».»
Il gap tecnologico e di dati rallenta il progresso
Lo studio mostra inoltre che solo poco meno di un terzo (29%) delle aziende svizzere è in grado di utilizzare i dati esistenti nella loro forma attuale per prendere decisioni informate. La maggior parte delle aziende continua a lavorare con processi manuali, in particolare per le valutazioni dei fornitori, le analisi dei rischi e i dati dei clienti. Solo il 10-15% circa di questi processi fondamentali è completamente automatizzato. Inoltre, spesso manca un accesso integrato ai dati: solo circa un terzo delle aziende svizzere ha
- Informazioni sui dazi doganali (28%)
- Rischi di sanzioni e conformità (30 per cento) o
- (28%) dei loro partner commerciali.
Questo dato colloca la Svizzera ben al di sotto di altri mercati come gli Stati Uniti (51% per i dati doganali) o il Regno Unito (40%). Questa frammentazione rende difficile riconoscere i rischi in una fase iniziale e sviluppare strategie di resilienza basate sui dati.
Tra trasparenza e reale resilienza
I risultati mostrano chiaramente che, sebbene le aziende industriali svizzere attribuiscano grande importanza alla trasparenza delle loro catene di fornitura, ancora troppo raramente traducono questa visibilità in solide strategie di resilienza. La mancanza di integrazione dei dati e i bassi livelli di automazione rallentano i progressi, soprattutto in un contesto sempre più caratterizzato da rischi normativi e geopolitici. «La trasparenza non è un inizio, ma un risultato», continua Gerster. «Una solida banca dati permette di riconoscere, anticipare e gestire i rischi in modo mirato, ed è proprio qui che le aziende orientate all'export hanno un vantaggio competitivo decisivo».»
Fonte: Dun & Bradstreet
Questo articolo è apparso originariamente su m-q.ch - https://www.m-q.ch/de/schweizer-industrie-ist-nicht-ausreichend-krisenbereit/
